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Mirano/Venezia, 1 febbraio 2012
IN MEMORIA DI FRANCESCA GILARDENGO,
DAGLI ‘ANTICHI’ AMICI E COMPAGNI DELLA FACOLTÀ DI SOCIOLOGIA DI TRENTO

Ricordo di Marco Boato alla Cerimonia funebre per Francesca Gilardengo Biasibetti

La nostra carissima Francesca ci ha lasciati per sempre domenica 29 gennaio. Quando la notizia si è diffusa lontano da Mirano, tramite gli Sms e anche via Web, è come se in tanti ‘antichi’ amici e compagni di Francesca – come pure di suo marito Arnaldo Biasibetti, che se n’era andato ancora così giovane molto prima di lei – si fosse ricreata una catena di amicizia, di affetto e di solidarietà nell’incancellabile ricordo dei tempi lontani di Sociologia a Trento.

All’inizio degli anni ‘60 eravamo stati in centinaia a lasciare le nostre città di origine, per correre – come richiamati da un pifferaio magico – a Trento, per iscriverci nella appena nata facoltà di Sociologia, che allora si chiamava Istituto superiore di scienze sociali. Le motivazioni e le storie personali erano le più diverse, ma in realtà tutte e tutti eravamo animati, sulle soglie della giovinezza, da una gran voglia di studiare la società in cui vivevamo e che in quegli anni stava cambiando con una velocità impressionante. Ma anche dal desiderio di diventare protagonisti di quei profondi cambiamenti sociali e culturali e quindi di apprendere in modo scientifico gli strumenti conoscitivi e interpretativi dei fenomeni socio-economici, culturali e politici.

Nei primi anni di Sociologia eravamo poche centinaia, e quindi ci conoscevamo tutti, vivevamo la facoltà e la piccola città attorno come se si trattasse di un unico campus universitario: le aule erano le stesse, ma anche i bar, le case , i collegi universitari (per le ragazze e per i ragazzi). C’era un clima di amicizia e di solidarietà, prima umana che politica, c’era la consapevolezza di far parte di un’unica grande avventura, che ci avrebbe poi segnati per tutta la vita.

In quegli anni Francesca c’era sempre, in tutte le occasioni, di studio e di relazione, di impegno e di svago. Nei giorni scorsi ho cercato l’immagine di Francesca nei libri che ricostruiscono anche con le foto le vicende di allora, e Francesca compare spesso, più di tanti altri. Addirittura, in una delle didascalie sotto le foto, nell’indicare i nomi delle persone, alla fine c’è scritto: “…e l’immancabile Francesca Gilardengo”.

Sì, davvero Francesca era immancabile. E ha vissuto tutte le fasi rapidissime di trasformazione dell’esperienza universitaria di Sociologia a Trento. Una prima foto la ritrae mentre – il 25 settembre 1963, nell’imminenza dell’inizio del secondo anno accademico – insieme ad altri colleghi trentini e italiani dà un benvenuto un po’ goliardico a due studenti americani, Jerry e Larry, venuti anche loro a studiare a Trento.

Una seconda foto, di straordinaria efficacia e spontaneità, la ritrae il 7 novembre 1964, in occasione della inaugurazione ufficiale del nuovo anno accademico, quando a Trento venne l’allora ministro socialista alla ricerca scientifica del Governo Moro, Claudio Arnaudi, insieme a Marcello Boldrini, presidente dell’ENI, e al ministro dell’agricoltura Mario Ferrari Aggradi. Dopo la cerimonia, un’occasione di festeggiamento fu organizzata a Villa Tambosi a Villazzano, sulla collina di Trento, dove era stato insediato il collegio universitario maschile. E nella foto, vicino al fondatore dell’università, il presidente della provincia autonoma di Trento Bruno Kessler, si vedono il ministro Arnaudi e il presidente dell’ENI Boldrini con al centro proprio Francesca, che, radiosa e sorridente, li tiene entrambi confidenzialmente a braccetto. Era come se fosse lei la madrina della nuova università trentina…

Una terza foto è ancora più emblematica, perché ritrae un gruppo di studentesse e di studenti, che si erano iscritti al primo anno della vita di Sociologia, e cioè nel 1962, i quali nel 1965, davanti al portone della Facoltà di via Verdi, a due passi dal Duomo della città, circondano il direttore Mario Volpato, che era anche severissimo docente di matematica, ma dotato al tempo stesso di grande cordialità e di un grande umorismo veneto (veniva infatti da Ca’ Foscari e avrebbe poi operato a lungo a Padova). In quella bellissima foto, Francesca è in primo piano sulla destra, elegante e sorridente, mentre guarda con simpatia proprio il professor Volpato, e dietro al gruppo si scorge la targa ufficiale: “Istituto universitario di scienze sociali”.

L’anno dopo, nel gennaio-febbraio 1966, le studentesse e gli studenti di Trento, rendendosi conto che gli anni passavano ma non arrivava ancora il riconoscimento legislativo statale del nuovo corso di laurea in Sociologia, misero in atto la prima occupazione nella storia italiana. Fu l’atto di nascita del Movimento studentesco trentino, che riuscì a conquistare quell’obbiettivo istituzionale, che le stesse autorità politiche ed accademiche avevano rischiato di vedersi sfuggire, con il pericolo di un riassorbimento all’interno della vecchia facoltà di Scienze politiche.

Ebbene, com’era stata presente con tanto entusiasmo nelle cerimonie ufficiali, con altrettanto entusiasmo e con inesauribile vitalità Francesca fu presente anche nell’occupazione della Facoltà, che si protrasse per molti giorni e che ovviamente creò una atmosfera di ancor più viva e stretta solidarietà nel nascente movimento studentesco, oltre che un moto di simpatia da parte dei cittadini, che a centinaia andarono a firmare per esprimere la loro condivisione con la battaglia degli studenti a difesa della loro istituzione universitaria. Ecco, l’ultima foto che ho trovato, in questa piccola ricerca fatta con amore in sua memoria, ritrae Francesca all’interno di un’aula occupata, mentre infila un boccone nella bocca di un affamato Arnaldo Biasibetti, l’uomo che divenne poi suo marito e padre di Cecilia. E attorno a loro c’è un clima di simpatia e di ilarità da parte delle altre compagne e degli altri compagni, che si accingono a vivere tutti insieme la difficile, ma anche festosa e alla fine positiva avventura, allora del tutto inedita, dell’occupazione pacifica della Facoltà.

Questo è stata Francesca, insieme ad Arnaldo, nell’esperienza trentina, che poi l’ha segnata, come tanti di noi, per tutta la vita. Una esperienza di studio e di ricerca, di amore e di lotta, di solidarietà e di impegno, di gioia e di scoperta del mondo in tutte le sue dimensioni. Quest’anno a Trento si celebrano i cinquant’anni di vita dell’università nata nel 1962, di cui Francesca era stata una delle primissime iscritte. E oggi noi, cinquant’anni dopo, diamo l’estremo saluto a Francesca che ci ha lasciati. E lo facciamo anche in nome e nel ricordo di Arnaldo, della sua amica Marta Losito e di tanti altri che l’hanno purtroppo ormai già preceduta, ma anche dei molti che ancora ci sono e che mi hanno incaricato di portare a nome loro l’estremo saluto di fraternità e di amore alla vostra e nostra carissima Francesca. Che la terra sia davvero lieve sopra di te. Addio Francesca.

Marco Boato

 

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